mercoledì 21 febbraio 2007

Centro Isterico (5)

[continua da http://danielagambino.splinder.com]


Sin dal primo momento, sei anni fa, non mi sono capacitato degli attentati di New York. Non ho mai creduto, e continuo a non crederci, all’azione organizzata e coordinata di una falange armata di un qualsivoglia gruppo di terroristi. Mi piacerebbe che qualcuno rivedesse il film Capricorn One che denuncia, non in maniera sibillina, una ipotesi, oggi sempre più perorata da diverse fonti, di complotto americano sulla questione dei voli spaziali. Certe volte la verità si para innanzi e con il pugno serrato vi dice: non c’è niente da fare, le cose stanno così. Ma sono tanti e tali gli eventi dubbi, emersi dopo il presunto attentato alle torri gemelle, che oltre ogni ragionevole dubbio non ci si può mettere la mano sulla coscienza e acquietarsi credendo in una verità assoluta. I nostri personaggi, Uwe e Costanza, direbbero: “In un caso l’assessore alla Cultura ci ha aiutato a stampare uno dei cataloghi del Museo di Piazza Garraffello, possibile che il comandante dei Vigili Urbani non abbia interpellato nessun amministratore? E come mai solo adesso? Sarebbe stato più logico inibire il lavoro di Uwe all’inizio!”, un Perdido, sul web, ha scritto “Riflettiamo. Al di là di qualsiasi considerazione artistica, l'installazione di Uwe, la sua Cattedrale, nasceva in una condizione di assoluta precarietà. Abusiva o no, era un'installazione che troneggiava da un edificio in rovina, irta di rottami e materiali certamente non inossidabili. Sarebbe stato ingenuo illudersi che potesse restare lì, immutabile, a tempo indeterminato. Lo stesso arrivo dell'inverno e delle pioggie avrebbe messo a rischio l'integrità dell'opera e prodotto anche un ragionevole pericolo di stabilità.
Io penso che, sorvolando per adesso sulle possibili denunce per occupazione di suolo demaniale, questo strano e concitato episodio di rimozione forzata, non porterà che fortuna a Uwe Jantsch. Gli regalerà tanta visibilità in più. Gli sta portando una marea di solidarietà da parte di chi già conosceva il suo lavoro precedente, e senz'altro sta suscitando la curiosità di quanti ancora non gli avevano prestato attenzione. I lavori futuri di Uwe potranno contare su un'eco cittadina decuplicata, e la sua popolarità crescerà in modo esponenziale. Ne sono praticamente sicuro.” Avete presente i cavalli di Paladino infissi nella montagna di sale a Gibellina? Il sale si consumerà, prima o poi. E dei cavalli che ne faremo? Simpatici soprammobili per le scrivanie dei sindaci della Valle del Belice! Per concludere, questa è una strana storia palermitana: della Palermo da bere, direi. Da una parte abbiamo un uomo solo in cima al mondo che come Achab, o Robinson, si arrampica sull’inverosimile per creare qualcosa dal nulla e conquistare un luogo, quello dell’immaginazione, che la pochezza di una cultura imbastardita dalla televisione ci ha fatto perdere di vista; dall’altra parte abbiamo l’ipereccentricità culturale del potere che mostra i muscoli, organizzativi e finanziari, con il Kals’Art, la Biennale, le grandi mostre d’arte, gli eventi musicali d’ogni sorta e maniera e, accanto a tutto ciò, un florilegio di sponsors che griffano e brandizzano la qualunque.

Vogliamo fare due conti? Piazza Garraffello nella sua assoluta autoreferenzialità, indotta dall’opera di Uwe, ha avuto, e continua ad avere (nonostante l’accaduto), più utenti di tutti gli eventi palermitani messi assieme; praticamente a costo zero, non fosse per il blitz che, ahinoi, non è un costo previsto dall’artista. Lo smembramento della Cattedrale, e il ritorno al dis-ordine costituito, ha quasi annullato quella fiorente economia dei dialoghi, degli sguardi, dei gesti, degli ammiccamenti, delle relazioni che nessun utente qualsiasi si sogna di poter avere con le hostess e gli stewards delle mostre altolocate, dove il rapporto è piuttosto altro: attenti, non si può, mi dica, non so, eccetera. La capacità che ha l’arte, qualunque forma d’arte (e io non pontificherei sui rifiuti, con buona pace di Duchamp), di creare altre forme di economia ha avuto dei risvolti efficaci nei dintorni della piazza creando, di là dalla volontà dell’artista, attività collaterali alla sosta o al passaggio, dalla cucina tipica alle promenades gestite dai ragazzini. Nonostante la fiorente attività cantieristica, che ha quasi coperto alcune aree del centro storico della città, alcuni quartieri, diciamo così, soffrono della loro iconicità che ormai è un disvalore essendosi creato uno iato, nell’immaginario turistico e letterario, tra quel che ci si attende e quel che si trova e, cosa più grave, non esiste un’idea organica di riqualificazione di quei luoghi. Cioè, eliminare un’arte, o un’opera, che trasgredisce la normalità attesa inibisce un’economia utile alla riappacificazione degli abitanti con il loro luogo di residenza, e sottolinea l’idea che le regole censurino più che aiutare. Il disagio è di chi non conosce, o di chi si rifiuta di apprendere. E l’arte non ha briglie. Per questo penso che il Museo Urbano di Piazza Garraffello debba essere riaperto ma che, al tempo stesso, bisogna individuare le giuste risorse per dare a Uwe, a Costanza, e a tutti quelli che li hanno aiutati, gli strumenti e le finanze per rimettere in moto l’economia sentimentale di quel luogo. O per fondare un luogo della condivisione, sulla base dell’esperienza fatta, in cui sia possibile dar spazio al proprio bisogno d’invenzione, di poesia e di bellezza.
[Domenico Cogliandro] and, per ritornare daccapo vai su http://www.rosalio.it (eh!)